Il percorso colloca la menzogna come intrinseca al nostro agire sociale, trama delle relazioni della vita adulta. Ripercorrerne la storia nella cultura occidentale, da prospettive linguistiche, filosofiche, psicologiche, artistiche, che includano gli sviluppi delle nuove tecnologie, dei social network, dell’intelligenza artificiale, invita a ripensare noi stessi e ad avviare una rifondazione etica.
Franca D’Agostini analizza la Menzogna nella società digitale, laddove nuove sono le forme di falsificazione e nuovi i profili dei mentitori. Ma al dominio di macchine aleticamente stupide, siamo preparati? La filosofa ritiene di no, ma si sottrae a una visione apocalittica del loro avvento. Purché si intervenga sull’algoretica (ovvero sull’educazione all’etica) degli algoritmi. In fondo l’intelligenza artificiale è educata da noi umani secondo la nostra cultura e le nostre regole.
Abituata a coniugare l’analisi filosofica con i fenomeni pop della cultura di massa, Lucrezia Ercoli disserta di Menzogna in rapporto alle macchine artificiali. Non semplicemente un soggetto da fantascienza distopica, con creature che si ribellano ai propri creatori. Ma un’urgenza da affrontare, anche senza averne responsabilità specifiche, per regolamentare le competenze nuove delle macchine: umane, troppo umane. Mettendo in discussione le classiche definizioni di “menzogna”, se anche l’AI ha imparato a mentire.
Nella dissertazione Le menzogne dell’arte l’esposizione filosofica di Massimo Donà corre tra Velasquez e Shakespeare, usando il teatro della rappresentazione, pittorica e teatrale, per dimostrare come grazie al suo intreccio di finzioni e verità possiamo comprendere l’incongruità e l’indeterminabilità del reale. Esso medesimo nient’altro che un infinito gioco di specchi, nel quale nessuno riveste un ruolo preciso e univocamente riconoscibile.
Mario Barenghi nella lezione Menzogna, linguaggio, narrazione afferma come non ci sia linguaggio senza inganno, per citare Calvino. In letteratura tuttavia la menzogna è universo assai complesso e variegato – argomenta il relatore anche nella sua veste di scrittore. La lettura ci abitua a tale prospettiva, ovvero a muoverci nella dimensione del possibile, che è poi il mondo in cui viviamo.
Anna Stefi in Dire di sé si domanda cosa diciamo di vero parlando di noi stessi. Da Agostino a Benjamin, da Derrida a Deleuze, da Barthes a Lacan, nel pensiero filosofico il contrasto tra essere e apparire è connaturato a ogni tentativo di raccontarsi. Autobiografia e autoritratto sono dispositivi in cui, più che la nostra storia, si afferma la nostra verità, il darsi attraverso inevitabili maschere. Forse, riflette la psicologa attingendo anche al proprio vissuto, è l’esperienza della letteratura ad avvicinarci alla verità autobiografica.